Il rischio non è nell’investire ma nel non farlo

Gli Italiani sono immersi in un mare di liquidità; l’ultimo dato di Ottobre 2023 evidenziava un saldo di 1.300 miliardi di euro.

Possiamo tranquillamente dire che il Conto Corrente è lo strumento meno adatto dove parcheggiare i nostri soldi, per vari motivi.

Innanzitutto il pericolo principale è rappresentato dall’inflazione, i cui effetti possono essere analizzati in 2 modi: erosione del potere di acquisto e aumento dei prezzi. Da ottobre 2022 ad ottobre 2023 il saldo totale dei depositi è crollato di 152 miliardi di euro, passando da 1.452 miliardi ai 1.300 miliardi citati prima. Le famiglie italiane hanno dovuto attingere ai loro risparmi per far fronte alla fiammata dei prezzi e all’aumento dei tassi d’interesse che ha reso più caro il loro indebitamento.

A tutto questo aggiungiamoci che, chi più chi meno, tutti i conti correnti hanno un costo, bancario e statale: si stima che 10.000 euro lasciati fermi nelle Banche tradizionali per 5 anni, possano arrivare a perdere fino al 18% (tra spese sostenute e potere di acquisto), diventando così 8.161 euro.

Ma allora per quale motivo in Italia si predilige lasciare i soldi sul conto?

Personalmente credo che la causa principale sia da ricercare nella scarsa educazione finanziaria del nostro Paese. Basti pensare che in altri Stati, soprattutto nel Nord Europa, “l’educazione finanziaria” è una materia che viene insegnata sin dalle scuole primarie, mentre in Italia è rivolta solo a chi decide di intraprendere un indirizzo economico/finanziario all’Università.

Quando si chiede ad un italiano il motivo per il quale detiene così tanta liquidità sul conto, nella maggior parte dei casi, la risposta è sempre la stessa: far fronte ad eventuali imprevisti. Per carità, è giusto tutelarsi da eventuali avvenimenti inattesi, ma per proteggersi da essi esistono metodi più efficaci, come le polizze assicurative. Non è detto, infatti, che quello che abbiamo messo da parte sia sufficiente per far fronte all’imprevisto. Tramite le polizze assicurative, invece, assicuriamo non solo noi, i nostri cari e i nostri beni, ma proteggiamo anche il nostro denaro che possiamo quindi destinare al raggiungimento di altri obiettivi di vita, come farsi una famiglia, pagare gli studi ai figli o comprare una casa.

E allora cosa fare?

La strada da percorrere è una: costruire un piano, analizzare i propri bisogni, individuare degli obiettivi. E’ un’attività complessa, che richiede il supporto di un esperto, qualificato, un pianificatore finanziario.

Concludo con una frase che rispecchia a pieno il mio pensiero:

INVESTIRE NON PER DIVENTARE RICCHI, MA PER NON DIVENTARE POVERI.

Conviene ancora investire nel mattone?

investire nel mattone

Investire nel mattone è da sempre una delle grandi passioni degli italiani. Siamo la nazione con più case di proprietà in Europa, lo dimostrano i numeri: le unità immobiliari ad uso abitativo sono circa 35.000.000 e di queste più del 90% risultano possedute da persone fisiche.

Investire nel mattone fa parte di quelle pratiche di che possiamo tranquillamente dire essere diventata una vera e propria abitudine.

Ma perché investire così tanto nel mattone?

In Italia la casa ha un valore particolare, un po’ per motivi culturali, un po’ per la grande quantità di immobili a disposizione.
Ma soprattutto gran parte della popolazione è convinta che il mattone sia un investimento sicuro, un bene rifugio sul quale investire la maggior parte dei propri risparmi.

Sicuramente il motivo principale che porta una persona a comprare una casa è quello di andarci a vivere e su questo non possiamo discutere.

Vorrei invece focalizzare l’attenzione su un altro motivo, quello prevalentemente speculativo: acquistare un immobile per poi ricevere una rendita derivante dall’affitto dello stesso oppure ricavare una plusvalenza dalla futura rivendita.

Cominciamo a vedere quanto rende effettivamente un immobile.

Nel primo caso (se si affitta), il rendimento netto si aggira sul 2% l’anno rispetto alla somma immobilizzata per acquistare la casa. Questo soprattutto grazie ad alcuni benefici fiscali che lo Stato ci ha concesso, come la cedolare secca.

Un maggiore rendimento annuo lo troviamo oggi su tutto il mercato obbligazionario.

E allora perché preferiamo investire su un immobile e non su un obbligazione?
Perché pensiamo che l’investimento immobiliare sia garantito. Ma di questo ne siamo sicuri?

Bene, se guardiamo solo al valore reale (che considera l’effetto dell’inflazione) degli immobili negli ultimi 25 anni, si nota come esso sia sceso mediamente del 15%.

Questo vuol dire che, chi ha investito sul mattone in questi anni, non è riuscito a proteggere il valore del suo capitale neanche dall’inflazione, risalita prepotentemente nel corso degli ultimi anni.

A questo aggiungiamoci:

Tasse: Se l’Imu è stata abolita sulla gran parte delle prime case, lo stesso non si può dire delle seconde case. Senza dimenticarci delle tasse locali.

Affitto: In Italia il tasso di morosità degli inquilini è estremamente elevato e gli strumenti legali a disposizione dei proprietari sono limitati. C’è poca tutela

Liquidità: L’investimento immobiliare è per definizione poco liquido. Vendere la propria abitazione richiede tempi lunghi e costi di intermediazione elevati.

Diversificazione: Se si possiede una prima casa si è già molto esposti al rischio legato al settore immobiliare. In un’ottica di lungo periodo è consigliabile diversificare i propri asset.

Detto questo, non è compito mio dire se oggi convenga o meno investire nel mattone.

Posso però sicuramente affermare che, nel valutarlo, non si possono non tenere in considerazione tutti i fattori sopra elencati.

Ad oggi, dobbiamo entrare nell’ottica che gli immobili sono un asset come tutti gli altri strumenti finanziari e a cui esistono delle alternative.